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martedì 27 febbraio 2018

Chirurgia generale, giorno 2 e gironi danteschi.



Oggi è tutto il giorno che mi chiedo:

quale dev’essere il tuo peccato per essere finito nel girone dantesco dove, come contrappasso, hai ottenuto una giornata bonus in ospedale per via di un intervento posticipato? 

La risposta che mi sono data è: l’impazienza. 
Gli impazienti vagheranno per sempre tra i corridoi degli ospedali, in un clima di ansia perenne, e di giorno in giorno verrà loro detto che l’intervento avverrà il giorno dopo. 
PER. TUTTA. L’ETERNITA’. 

Sono così annoiata, che mi sto facendo film mentali sulla Divina Commedia. Per dire.

Ieri ci eravamo lasciati in un clima ansiogeno e giulivo, dove vi dicevo che oggi sarei stata bene. 



Mizzega, sto benissimo.
Per forza, ancora aspetto di entrare in sala.

Comunque, tra tutto, non è andata così male. La mattinata ha avuto i suoi lati divertenti.

A partire dal primario di chirurgia che dovrebbe operarmi, e alle sette di mattina mi preannuncia che potrebbero non aver posto per me tra gli interventi di oggi. Poco dopo, passa un altro giovincello (probabilmente l’ennesimo chirurgo minorenne di questo reparto), che dice alla Signora Ammamma che l’avrebbero operata oggi, e quando chiedo informazioni riguardo la mia situazione, mi dice di non preoccuparmi che di sicuro sarei passata oggi. 
Dieci minuti, ma che dico, forse meno, passa di nuovo il chirurgo a confermarmi che mi opereranno domani perchè, essendo in un reparto di chirurgia d'urgenza, se arrivano dal pronto soccorso casi più gravi del mio, ovviamente, hanno la precedenza.

Io ora vorrei fare un appello al primario di questo reparto: ma vogliamo gentilmente cucire la bocca a questi bambini appena laureati che danno solo informazioni sbagliate? Grazie. Cordiali saluti. La direzione. 


Poi è stato il momento dei grandi traslochi. La mia stanza era già troppo bella, spaziosa e luminosa, per rimanere mia. Mi sono ritrovata in uno stanzino grande la metà, caldo il doppio, con altre due signore, non autoufficienti e molto anziane. Le rispettive figlia di una e nuora dell’altra sono sempre al loro fianco, in maniera quasi commuovente. Prima, durante il pranzo (che avrà un paragrafo a parte!), sentivo che le imboccavano e cercavano di convincerle a mangiare proprio come si fa coi bambini, una tenerezza davvero incredibile. Sì per la figlia, perché dopo che sono stati loro ad imboccarci quando eravamo piccini, questo sarebbe il minimo che possiamo fare quando i genitori ne avranno bisogno, ma soprattutto per la nuora dell’altra signora, che non le ha lasciato la mano un minuto, che la imbocca, le cambia il pannolone, la forza a passeggiare piano piano, la aiuta a girarsi, si becca gli insulti quando la signora vorrebbe solo dormire e invece le tocca stare sulla sedia, insomma fa tutto quello che una figlia farebbe per un genitore. Sia con dolcezza, sia con quella durezza da signorina Rottermaier da vera donna Gestapo. 

Per fortuna le mie vicine di stanza non sono rumorose, e nemmeno i loro parenti, non pretendono di intavolare una conversazione forzata dalle circostanze e nemmeno si lamentano. Mi manca un po’ la signora Ammamma, alla quale è stato spostato il letto quando lei era sotto al bar, ma ho appena sentito dal corridoio una voce urlare “FLORAAAA, FLORAAA, CIAO ANNONNAAAA”, quindi so che è viva e sta bene, ovunque si trovi. E poi ho ancora il mio posto finestrino, anche se con vista sui tetti, ciao ciao collina.

Ma il topic trend della giornata, l’hashtag che vince su tutto, è #datemecibo. 

Considerato che mi hanno detto che non mi avrebbero più operata circa alle 9 di mattina, quando il carrello della colazione ormai era passato da due ore e io ero a digiuno da più di 12 ore, dovevo trovare un modo per mangiare qualcosa. QUALSIASI COSA. Aspetta mezz’ora. Aspetta un’ora. Come già detto, non sono paziente, motivo per il quale Dante mi ha relegata qui. Vado a rompere le pallette alle infermiere, che ormai mi amano per la mia collezione di unicorni, le ciabatte unicorno e il pigiama unicorno. Per fortuna tutto il personale sanitario, qui, è adorabile (a parte i chirurghi, minorenni e plurisettantenni). Il problema è che, avendo finito i bicchieri, mi hanno portato un piatto da minestra pieno di tè, non vi sto nemmeno a dire quanto me ne sono rovesciata addosso mentre cercavo di bere dal piatto, peggio dei bambini.

Visto che qui non ho niente da fare, il mio pensiero fisso è sempre il cibo. L’attesa per il pranzo è stata lunghiiiiiissima. Tipo quando mandano Titanic su canale 5 la sera, sai che finirà circa tre giorni dopo, perché le pubblicità durano più del film. 

Io poi ho un rapporto un po’ complicato con il cibo dell’ospedale. 
Quando facevo la chemio, stando nel Day Hospital fino alle 3 di pomeriggio, mi portavano sempre il pranzo. Che sì, uno aveva fame, ma tra il cortisone e la terapia, la fame e la nausea facevano un continuo braccio di ferro, nel quale vinceva sempre la fame. Per colpa della maledetta chemio, mi è rimasto il ricordo in particolare di un giorno in cui mi hanno portato ravioli al burro e salvia, polpette e purea. Da quel giorno, ad oggi e penso per tutta la vita, non riesco a mangiare i ravioli burro e salvia senza che un senso di nausea pervada tutto il mio corpo, fino a farmi proprio venire i conati. Idem con le polpette con la purea, che sono il mio piatto preferito in assoluto. Io AMO le polpette e per non so quanti mesi, anche solo guardare le polpette e la purea da lontano mi disgustavano. Ora piano piano, stiamo cercando di ristabilire un rapporto, perché polpettine amori miei non posso vivere una vita triste senza di voi!

Ma tornando ad oggi. Aspetto il carrellino coi vassoi, servono prima le mie due compagne di stanza, minestrina e prosciutto crudo per entrambe, e poi se ne vanno.

Io rimango così. 



Impietrita e affamata.

Uè uè, va bene che il cibo dell’ospedale mi fa venire la nausea, ma nutritemi, fateme magnà inzomma. Mi metto letteralmente a inseguire le signore che distribuiscono i vassoi, sentendomi una vera e propria accattona, in ciabatte e con la vestaglia addosso, a ricorrerle per tutto il corridoio.


 Ovviamente in questo ospedale abbiamo problemi di comunicazione, e nessuno aveva detto loro che non mi avrebbero più operata oggi. 
Non appena iniziano a elencarmi le opzioni del pranzo, mi pento di aver insistito per mangiare. 
  • Pasta in bianco, ravioli burro e salvia, riso al pomodoro o minestrina. 
  • Di secondo abbiamo pesce in umido o prosciutto crudo. 
  • Di contorno broccoli o purea. 
Grazie signore grazie per aver inventato il prosciutto crudo, non me ne vogliano gli amici vegetariani, ma senza quello sarei morta di fame. Ciò non toglie che dopo mi sia venuta COMUNQUE la nausea, ma penso che questa sia dovuta più al “budino” che al prosciutto. Mangiare il budino dell’ospedale, aspettandosi una cosa tipo Danette Danone alla vaniglia, e rimaner tristemente delusi quando, al primo cucchiaio, si avverte gusto di farina cruda, sapone e mollica di pane, mi ha fatto meditare seriamente sugli ingredienti usati per fare questo meraviglioso “budino”. Probabilmente riutilizzano le garze lavate inutilizzate durante le operazioni, perché il gusto era simile a quello, ora che ci penso bene.

Il resto del pomeriggio passa tra:

  • Mille episodi di serie tv trashissime 
  • Pisolino 
  • Qualche pagina dell’ultimo libro di Stephen e Owen King (FICHISSIMO RAGA DOVETE LEGGERLO E AMARLO TANTISSIMO) 
  • Pisolino 
  • Giretto al bar a bere un caffè, con annessa broncopolmonite visto lo sbalzo termico tra la mia stanza e il piano terra 
  • Serie tv 
  • Storia su instagram 
  • Noia 
  • L’infermiera che mi fa la punturina anti-trombo con una violenza tale tipo quando accoltellano la gente in Game of Thrones 
  • Storia su instagram 
  • Altra noia 
  • Ansia.

Questa attesa non ha fatto altro che prolungare la mia ansia, col fatto che ho passato metà giornata a dormicchiare, voglio proprio vedere come stracazzo mi addormenterò sta notte.
Ho portato mille robe per passare il tempo, e per quanto io ami stare da sola, farmi i fatti miei, leggere, fare binge watching delle miei serie tv e sonnecchiare tutto il giorno (che è tipo il modo in cui passo le domeniche quando Luca non c'è o non gioca il Toro), un conto è farlo a casa tua, sul tuo divano e col frigo a disposizione. Ben diverso è farlo da un letto di ospedale, senza parlare con nessuno, in una stanza dal clima equatoriale.

Vediamola così, non avrebbero potuto scegliere una settimana migliore in cui ricoverarmi, fuori ci sono meno duecento gradi, pinguini e orsi polari tra le vie del Piemonte, e io sono rinchiusa in una stanza dove ci sono circa 25 gradi centigradi, in maglietta, pantaloncini e calze anti trombo. Praticamente come essere in un villaggio delle Maldive d’estate, mentre i tuoi amici tolgono il ghiaccio dalle macchine alle sette di mattina. 



Che visione ottimistica della vita, uh là là. No, non è da me.

E comunque, sappiate che da quando sono qui dentro, ho in mente una scena di Scrubs, e chiunque la realizzerà sarà il mio super eroe per la vita

ANZI.

Mi sono appena imbattuta nel vero sogno della vita.

L'alternativa ai gattini, sarebbe venirmi a trovare con del gelato alla crema, entrando in stanza urlando: "Tenente Daaaan, gelato alla crema"




Basta, sto perdendo il senno. Sono le 18 e mi stanno portando la cena, cioè un bicchiere di té. Cena, pff.

Vi aggiornerò con le nuove avventure di "Vale in the hospital", ma voi non pensate di presentarvi al mio capezzale senza una scatola di gattini o del gelato alla crema, siete avvisati! 


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