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venerdì 22 settembre 2017

La fine dell'estate e la terapia numero tre



Oggi finisce l'estate, quest'estate di merda.
Strana la vita.
Quand'è iniziata l'estate, ero appena atterrata in India.
Oggi sono alle Molinette, terzo giorno di terapia, siamo a metà del percorso.



Ironico come si incastrino tutte le date, o forse no, almeno a me non fa molto ridere, più un sogghigno bastardo.

È stato un mese difficile.
Dopo la prima terapia stavo na favola, ero al mare, circondata dalle persone che amo, i capelli stavano ancora tutti al loro posto, niente nausea, stanchezza eccessiva, febbre, un decorso invidiabile.
La seconda è stata una merda. Cioè non una merda merda, penso sempre che potrebbe andare peggio, perché quando inizi la chemio ti spiegano quali sono gli effetti collaterali, a grandi linee, ma per ogni persona è diverso, e comunque ho l'immensa fortuna di dover passare pochissimi giorni al mese in ospedale, quindi tutto sommato tra un terapia e l'altra, posso stare a casa tranquilla.

Nei giorni successivi alla chemio, almeno per i primi cinque giorni, prendo circa 13 pastigliette al giorno e una puntura sottocute, che mi faccio da sola con l'agilità di Christian F e tutto lo zoo di Berlino. 


Tra queste medicine c'è una guerra civile continua tra cortisone e antinausea. Prendendo 4 pastiglie di cortisone al giorno, passo praticamente la mia giornata con una fame, ma una fame, che se incontrassi qualcuno di voi nel momento sbagliato, sarei capace di addentarvi un braccio (non è mai successo, ma non si sa mai!). Questo però combatte, da quando mi alzo a quando mi corico, con la nausea. Insomma, se non ho fame ho la nausea, e ci sono momenti in cui non riesco nemmeno a distinguere le due cose e, nel dubbio, mangio.


Un altro simpatico effetto collaterale del cortisone è la tachicardia.
Presente quando avete 16 anni, siete innamorati, e tra i corridoi di scuola passa quella persona per cui il vostro cuore palpita e le farfalle vi svolazzano nello stomaco? Ecco. Io mi sento proprio così, peccato che mi capiti prima di coricarmi la sera, il batticuore pare l'inizio di un infarto e le farfalle nello stomaco possano essere o le farfalle al pesto della cena che non digerisco o la nausea pre-nanna.

Na favola, come vi dicevo.


A questo si aggiunge anche il fastidio che non si può vedere, quello nella testa.
La cosa che più temevo, prima di iniziare, era la stanchezza. Avevo paura di essere troppo stanca per vivere la mia quotidianità, pensando che la terapia mi avrebbe debilitato a tal punto da dover chiedere continuamente agli altri di aiutarmi. E io ODIO chiedere aiuto. Amo la mia indipendenza, fare le mie cose quando voglio io, come dico io.
Così non è stato, per fortuna. O almeno, non in maniera così pesante.
La stanchezza di cui tutti mi avevano parlato, oltre che fisica, è per lo più mentale. Io avrei dovuto dare un esame a settembre, ma non riuscivo minimamente a concentrarmi (sarà anche il fatto che sociologia delle religioni sia, in effetti, un esame dimmerda). Oppure capitava spesso che anche solo l'idea di uscire, fare cose, vedere gente, prendere la macchina, mi buttasse proprio un macigno addosso, e decidevo quindi di stare a casa, davanti al mio recupero di Game of Thrones con Pepe.



Ma la cosa peggiore, per me, è stata la fragilità.
Già di mio sono una persona che si scalda per niente, permalosa e instabile. In questa situazione assumo anche le sembianze di una donna incinta in piena crisi ormonale che piange davanti alle pubblicità (come se non l'avessi mai fatto anche quando ero sana in semplice fase premestruo, no no, mai fatto). Basta niente, un piccolo incidente, qualcosa che mi cade dalle mani, qualcosa che non funziona, una parola sbagliata, detta con il tono sbagliato, ed è il dramma. Perché in quei momenti tutto è nero, niente funziona e sembra che non ci sia mai fine alle cose che mi fanno stare male. Poi passa eh, basta un abbraccio, una parola d'amore, una battuta da parte di un amico, o semplicemente la consapevolezza che se non mi rialzo da sola, nessuno verrà a salvarmi.

L'episodio emblematico di questo stato d'animo è successo quando cercavo di tagliarmi i capelli.
Ero a 3/4 di testa e la macchinetta all'improvviso si rompe. 
DRAMMA.
Già il momento non era dei più felici, mi ero alzata con la nausea, stanca per essermi svegliata alle sei senza più riuscire a dormire, più anche questa, non c'è mai niente che vada per il verso giusto, mai.
Non so quanto sono rimasta sul pavimento del bagno quel giorno, mezz'ora, un'ora, non ne ho idea. Non c'era nessuno a casa, quindi o alzavo il culo, o rimanevo a piangermi addosso in attesa dell'illuminazione divina, ma vista la quantità di bestemmie che avevo tirato contro la macchinetta malfunzionante, dubito che avrei assistito a qualsivoglia intervento divino. 
E che si fa? 
Niente, si trova la forza, ci si asciuga le lacrime e si cerca una soluzione. Mi sono alzata, ho cercato in tutta la casa qualche aggeggio per sistemare la macchinetta e, non riuscendo nel mio art attak, ho preso la macchinetta della barba e ho finito di spelacchiarmi. Non è intervenuto nessun Dio a darmi la forza, né niente altro di angelico o sovrannaturale, la forza l'ho trovata da me, facendo una fatica pazzesca, andando contro quello che la mia mente mi diceva e cercando qualche motivo per superare anche quel patetico momento di tristezza.

Dopo i primi giorni, il resto del mese scorre tranquillo. La nausea diventa sporadica, il cortisone finisce nel dimenticatoio fino alla prossima terapia, e al massimo mi tocca qualche sbalzo d'umore. Ma, ehi, alla fine è tutta la vita che convivo con la mia instabilità, che sarà mai!



Il punto più alto dei miei 21 giorni, è sicuramente stata la mia notte al pronto soccorso di Chivasso, passata sulla barella dolorante, nel corridoio più rumoroso della zona Joongla di Apolide. A destra avevo Pumba che russava come un trattore, a sinistra avevo un uomo sulla cinquantina che si lamentava come se fosse in procinto di partorire "ahia, ahia, muoio, infermieraaaa, ho maleeee, infermieraaaaa". Il mattino dopo ho scoperto che aveva solo una colica renale. Meno male che ci sono gli uomini duri che ci salveranno e sopportano il dolore con forza e virilità. E soprattutto IN SILENZIO.
Ringraziamo l'ospitalità del pronto soccorso di Chivasso, che non consiglierei nemmeno al mio peggior nemico, letti comodissimi, stanze un po' rumorose, servizio un po' scadente, ringraziamo per la vacanzina dall'esito totalmente inutile, e torniamo a casa a recuperare una notte di sonno. Responso della visita? Non si sa.
"Ora sta bene no? E allora non si preoccupi, se sta di nuovo male torna qui", cit. Dottore che mi ha visitato il mattino successivo. Caspita, ci hai scritto una tesi di laurea su questo modo per elaborare una diagnosi? No, perché secondo me meriti almeno una seconda laurea.



Tutto passa.
Passano gli effetti del cortisone e le serate senza alcol.
Passa il male alle ossa delle punture per i globuli bianchi.
Passano i giorni che mi separano dall'inizio di una nuova avventura nella nostra nuova casa, passano i pomeriggi a inscatolare libri, passa il trasloco sul trattore.
Passano i drammi pieni di lacrime e i giorni neri come il carbone, passano le risate fino alle lacrime con gli amici, passano momenti di coppia davvero difficili.
Passano 21 giorni, passano di nuovo otto ore in sala d'attesa tra i prelievi del sangue e la visita di controllo ,dalla quale non spuntano novità rilevanti e fissiamo la prima tac a fine ottobre. Basta aspettare.



E sono di nuovo al COES, stanza 22 letto A, terzo giorno di terapia.
Sono sempre stata fortunata, i miei vicini di letto non erano mai particolarmente chiacchieroni. Non ho voglia di parlare. Parlo sempre e di continuo per tutto il resto delle mie giornate, quando ho la flebo al braccio e l'antistaminico nel sangue, voglio solo dormire. Oggi mi è andata male. Oserei quasi dire che sia andata peggio a Luca. La moglie del mio vicino, che giustamente ronfa come se non ci fosse un domani, è la classica madamina piemontese che non vede l'ora di chiacchierare e raccontarti tutta la sua vita e farti mille domande sulla tua, sulla malattia e sui miei meravigliosi unicorni. Se io fossi stata in lui, avrei finto di parlare solo in napoletano per evitare questa noia, ma lui è palesemente meno asociale di me, o forse solo più educato, e ora si sta subendo un racconto dettagliato sui testicoli del marito della signora e di come hanno scoperto il mostriciattolo dentro di lui.



È passata anche la mia dottoressa tenerissima e adorabile, dicendomi che i risultati del laboratorio sul blocchetto di tessuto malato, arrivato dall'India dopo SOLO due mesi e mezzo, hanno confermato l'istologico che avevano fatto in India. Il linfomerda è "vivace", come lo definisce lei, e questo indice di crescita potrebbe darci dei problemini. Non ci resta che aspettare halloween, quando la tac ci mostrerà se la R-Chop sta facendo il suo lavoro, o se non sia il caso di cambiare terapia e aggiungere un ciclo.
Finger crossed.



Nei prossimi giorni ho mille cose da fare, che ovviamente escluderanno gli alcolici dalle mie serate e riempiranno il mio portapastiglie di tante pilloline colorate, e la mia unica speranza è viverla un po' più serenamente di quello che sono stati gli ultimi infernali venti giorni.
Oddio, tranquilla, ma non troppo. Questa vita da casalinga nella casa nuova non fa proprio per me. Ragazze, ma come fate a stare a casa tutto il giorno? Per forza che le casalinghe fanno tanti figli, almeno si tengono occupate con qualcosa che non sia pulire o cucinare. Mi annoio così tanto senza internet che, ieri, stavo addirittura comprando della lana per iniziare una sciarpa ai ferri per l'inverno.
E improvvisamente era il mio centoduesimo compleanno.


Chiudo questo post con tre grandi richieste:

1. Suggeritemi cose da vedere/fare che non implichino l'uso di soldi o un wifi, prima che io impazzisca e diventi una pancina (e non per il mio bimbo di 95 mesi, ma per la pancina che mi sta venendo a forza di mangiare come una scrofa piatti super elaborati, da brava casalinga quale sono diventata). Escludo anche attività culinarie, visto che anche gli altri due stanno diventando pancini, e l'attività fisica perché annoiata sì, ma ho pur sempre il culo pesante e lo sport tello te.


2. Per fare la brava malaticcia casalinga, mantenuta dall'Inps (anche se sti soldi dall'Inps ancora li devo vedere), c'è bisogno che almeno il mio uomo pancino lavori, visto che è venuto dal centro Africa apposta per accudirmi. Aiutatemi a dimostrargli che Torino è una città civilizzata e piena di opportunità di lavoro per i meridionali, perché ci stiamo rendendo conto che la vita lavorativa qui non è facile come a Londra. Nemmeno se hai tanta voglia di lavorare e non hai paura di farti il culo. Se sentite qualcosa, se conoscete qualcuno, se sapete che dove lavorate cercano, scrivetemi in privato, ve ne sarò eternamente grata.


3. Venite a trovarmi! La casa nuova è stata ribattezzata CasaPunk, in onore del mio nuovo gruppo preferito, i Canapunk. Abbiamo anche messo un adesivo sfigato sul campanello, in attesa della targhetta vera, anche se mi piange il cuore non poter più dire "suonate ai rumeni". Quindi, sah, io ho un sacco di tempo per preparare tanti dolcini, e visto che non posso avere un fratello e un fidanzato obesi, bisognerà pure che questi dolci li mangi qualcuno, no?

Vi aspetto per merenda, la seconda colazione, l'aperitivo... insomma sono un Hobbit, sapete che noi mangiamo tutto il giorno, quindi regolatevi!



E anche gli aforismi trovati a caso su Facebook ci ricordano che: #nonsimollauncazzo

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