Niente, a sto giro vi tocca un po’ di polemica.
Siete avvisati, quindi non avrete motivo di
lamentarvi con me che sono sempre la solita rompiballe.
Il fatto è che ieri ho fatto il quarto ciclo,e tutto è passato tranquillo, mentre traducevo per Subspedia la mia parte in Will e Grace e mi scervellavo, con l'aiuto del Napoli, per rendere in napoletano una scena incentrata sull'accento di New Orleans (non mi chiedete!)
Oggi no, oggi sto demmerda.
I 21 giorni che sono passati tra il terzo e il
quarto ciclo, sono stati davvero fantastici, a livello fisico, a livello
mentale NO.
Il grande problema della NAUSEA è stato risolto
con l’antinausea della vita, il mio nuovo miglior amico, l’Emend, che ho
scoperto costare tipo 88 euro per tre pastigliette da assumere nei primi tre
giorni dopo la terapia. Con l’aiuto delle pastigliette magiche (e non parlo
dell’ecstasy!) e la mente impegnata in mille cose, non ho avuto modo di far
prevalere i malesseri fisici.
Sono andata ad un concerto a vedere il mio gruppo
preferito (i Linea 77, tanto amore e tanto pogo), solo quattro giorni dopo la
terapia, e stavo davvero bene. Prima fila, tutte le canzoni a memoria, urlate a
squarciagola, saltando come una teenager. Ho anche quasi iniziato una rissa e
beccato uno sputo sul braccio, giusto perché la dottoressa ha detto che sono
immunodeficiente e devo evitare posti affollati e malattie virali. Come minimo
ho preso l’ebola, la suina e la febbre dei polli gialli. Non importa, ero nel
mio ambiente del disagio ignorante musicale torinese, ed ero tranquilla, sana, pelata, senza copricapo e
libera dai dolori e dalla nausea.
Oggi no, oggi male. Ma ne parleremo dopo.
Perché oggi sono incazzata e polemica?
Sono incazzata perché sto male e odio lamentarmi.
Perché avrei mille cose da fare: la spesa, una
casa da pulire, il bucato da fare, i pavimenti da lavare, il tappeto che ormai
è una colonia di batteri e ecosistemi a sé, o anche solo una camminatina o
passare il sabato sera al pub a bere una birrozza.
Escludiamo pure la birrozza, grazie al
simpaticissimo cortisone, ma per trovare la forza di andare a buttare la
munnezza, ho dovuto ricorrere a tecniche da super saiyan, figuriamoci se riesco
a uscire da qui. Ieri ho preventivamente scaricato tutte le serie tv arretrate,
scroccando internet dai miei (perché OVVIAMENTE siamo ancora senza internet, e
i tecnici di Vodafone sembrano più impegnati del Papa durante il periodo
pasquale, santiddio) quindi immagino che passerò i prossimi giorni tra un
pianto lungo 40 minuti davanti a This is us (che se non avete mai visto,
VEDETELO!), a controllare di non avere nuove malattie rare con Grey’s Anatomy,
a sognare una carriera lavorativa nella politica con Olivia Pope, farmi prendere male con la nuova stagione FA-VO-LO-SA di American Horror Story, e infine a
farmi due risate con Will e Grace.
In tutto questo, quel sant’uomo del Napoli,
non solo va da una parte all'altra della casa tra stendere il bucato, cucinare
e lavare i piatti, ma deve anche rincorrere me per prendermi di peso (e peso
più di 60kg, se non gli esce un ernia è fortunato!) e mettermi sul divano per
farmi stare buona, calma e forzarmi al riposo.
E nel caso vi stiate chiedendo dov’è il terzo
inquilino della casa, il buon Fratello, dorme! Dopo ore infinite a lavoro,
straordinari, gruppi musicali con cui provare, e giustamente trovare il tempo
da passare con la sua ragazza, credo che sia collassato sul letto e si
sveglierà verso l’ora di cena dopo un lungo letargo.
Morale della favola, il mio uomo è costretto ad
accollarsi tutti i lavori di casa, mio fratello ha finito le energie da qui al
duemiladiciotto, e io vegeto nel mio stato nausea-fame molesta-crampi alla
pancia, dalla quale non riesco a liberarmi da due giorni a questa parte.
Ieri
sera mi sono coccolata con un bicchiere di Nebbiolo, nettare degli dei, per poi
crollare dalla stanchezza ancora prima che finisse X-Factor (e questo è già un
ottimo motivo per incazzarsi).
Ma il peggio è arrivato sta mattina, il povero
ragazzino a cui faccio ripetizioni avrà pensato che fossi strafatta di crack,
mentre invece avrei solo voluto vomitare sul libro di matematica in qualsiasi
momento senza riuscire a concentrarmi un secondo.
Sono incazzata perché questa non sono io.
Non ho
la lucidità per fare dei calcoli elementari, non ho la forza per uscire, non ho
voglia di addentare quel fantastico pollo che ha cucinato per me il mio
ragazzo, per paura di vomitarlo. E sono incazzata perché odio lamentarmi quando
sto male, non sono un uomo, santo cielo. Non penso di morire con una semplice
febbriciattola a 38°C.
Eppure sono qui, a sfogarmi con voi che siete arrivati a
leggere fino qui.
Sono incazzata perché linfomerda ha limitato le
mie scelte future.
Perché la mia condizione non mi permette di fare
tutto quello che vorrei.
Ieri parlottando con la mia adorabile e sempre
disponibilissima ematologa, le stavo dicendo che, quando guarirò, (perché non
esiste un SE guarirò, io guarirò, punto.) dicevo, quando guarirò vorrei tanto
poter rendere “grazie” a modo mio per esserne uscita. Non andrò in Chiesa a
ringraziare, e ne parleremo dopo, ma vorrei fare qualcosa di concreto. Visto
che, per fortuna, il mio midollo non è stato intaccato dalla malattia, desidero
donare il midollo alle persone che sono state più sfortunate di me e sono state
costrette a subire un trapianto di midollo.
E NO.
Mi
risponde la mia dottoressa, non puoi farlo, Valentina. Praticamente ho scoperto
che, dopo aver fatto una chemioterapia, non solo non potrò donare il midollo
che, non si sa mai, potrebbe servirmi in un futuro se la malattia si
ripresentasse. Ma la cosa peggiore è che non potrò mai più donare il sangue, né
tanto meno donare i miei organi quando morirò.
E la cosa mi fa incazzare da
matti.
Prima di tutto perché se io non avessi avuto qualcuno che mesi fa ha
fatto la scelta responsabile e altruistica di donare, io sarei morta durante l’operazione,
quindi spingo sempre tutti quelli che conosco a diventare donatori di sangue, e poi perché
ho sempre voluto battere mio padre che ha tante di quelle donazioni Avis che
ormai superano la cinquantina.
E secondo poi perché io ci tenevo davvero a
donare gli organi. Proprio l’altra sera a Le Iene (sì, lo so, è un programma
osceno) parlavano di quanto sia restia la gente a donare gli organi, mentre io
non ho MAI avuto nemmeno il minimo dubbio. Una volta morta, a cosa potranno mai
servirmi i miei organi? Ok, il mio fegato probabilmente sarà inutile, e se lo
strizzate può anche darsi che ne esca un liquore buono post-mortem tanto è l’alcol
assimilato durante la mia vita, però
tutto il resto è in ottimo stato. Ho un gran cuore, due bei polmoni da non
fumatrice, due reni in ottimo stato idratati a suon di birra, un utero che
aspetta solo di essere riempito da un parassita, ops, batuffolo d’ammore.
Insomma, io i miei organi non li voglio portare nella tomba, voglio essere
utile a qualcuno che può davvero averne bisogno per vivere.
E invece no. Questo stupido linfomerda ha reso
inutile il mio corpo, sia da vivo, sia da morto.
Sono incazzata perchè non voglio provare invidia verso i miei amici.
E' proprio una cosa odiosa, ti fa stare male.
Vedo i miei amici che viaggiano, visitano posti fichissimi, vanno al mare, all'estero, fanno cose semplicissime che fino ad un anno fa facevo anche io.
Però io ora sono bloccata qui.
Non posso prendere un aereo, un po' per una questione economica, e un po' per la solita storia dell'immunodeficienza.
Non vedrò il mare fino a chissà quando, e non posso dire di essere pienamente realizzata dall'aver passato le vacanze in Romagna dove il mare è più simile ad una pozza fangosa, soprattutto dopo essere stata alle Canarie ad Aprile e aver visto QUELLE spiagge e QUELL'oceano.
Invece ora, al massimo vedo la vasca da bagno, con un fashionissimo tappetino per la doccia a forma di coccodrillo (Ikea je t'aime).
E vedo le vostre foto, e vi invidio da matti. Cosa assolutamente non giusta, perchè è davvero una cosa idiota provare invidia verso le persone a cui vuoi bene. Quindi mi incazzo.
Sono incazzata perché l’Inps mi prende per il
culo.
Non so quanti di voi sapranno questa cosa, perché io
ne ero completamente all'oscuro prima di ammalarmi e prima che un’amica me ne
parlasse, perché sappiate che i medici non vi diranno mai un cazzo se non
glielo chiedete esplicitamente.
In quanto malata oncologica, ho diritto a
richiedere l’invalidità all’Inps, se non riuscissi nemmeno a muovermi, avrei
anche diritto all’accompagnamento, ma visto che sono perfettamente
autosufficiente, non mi sono nemmeno posta il problema.
In più un vostro
parente/coniuge possono richiedere la legge 104, che gli da diritto a 3 giorni
di permesso lavorativo al mese per accompagnarvi alle visite mediche.
In più,
qualora rientraste nella categoria degli invalidi, potreste rientrare nelle
categorie protette, secondo la legge 68/99, e avere più possibilità di trovare
lavoro, perché le aziende hanno l’obbligo di assumere appartenenti alle
categorie protette, quando il loro numero di organico supera determinate cifre.
Bello, ve’?
Eh, insomma.
Qualche mese fa, fatte le varie visite all’Inps e
le procedure burocratiche al Caf, mi dichiarano invalida al 100% e inabile al
lavoro, ritenendomi idonea a ricevere una pensione di invalidità, di poco meno
di 300€ al mese. Procedura pressocchè standard per qualsiasi malato di cancro
che fa chemioterapia.
Benissimo, però io ho un affitto da pagare, le
bollette da pagare, mangio come una scrofa quindi anche la spesa da fare, la
benzina, internet e via dicendo. Capirete che 300€ non sono niente. Cioè, non
voglio passare per ingrata, grazie che questi soldi ci sono, però visto che la
mia “disabilità” non compromette le mie facoltà fisiche o mentali, decido
comunque di iscrivermi alle categorie protette e cercarmi un lavoro.
Seconda visita all’Inps, accertamento delle
capacità lavorative. In pratica devono accertarsi che io sia a posto col cervello,
possa muovermi facilmente e svolgere funzioni lavorative che ovviamente non
comprendano lavori di fatica. E qui la presa per il culo. Il simpatico
impiegato che deve rilasciarmi la lettera nella quale si certifica che io posso
comunque svolgere un lavoro, preferibilmente d’ufficio, mi dice che con una
percentuale così alta di invalidità è difficilissimo, se non impossibile, che
qualche azienda prenda in considerazione il mio curriculum, perché comunque “signorina,
come vede sulla lettera c’è scritto “inabile al lavoro”.”
Ricapitolando.
Lo Stato certifica la mia invalidità al 100%, mi
dichiara inabile a lavorare, e pretende che io campi con 300€, perché nessuna
azienda mi prenderà mai con una percentuale così alta.
Ditemi se vi sembra un ragionamento sensato, perché a me no.
(E sempre sul tema lavoro)
Sono incazzata perché l’Italia è un posto
terribile dove cercare occupazione.
Lo sapevamo che sarebbe stato difficile.
Non siamo
a Londra, dove non siamo mai stati più di una settimana senza lavorare, dove
prendevamo 10£ all’ora per fare lavori del cazzo, dove avevamo sempre regolari
contratti con ferie pagate che potevano permetterci di viaggiare e vedere il
mondo.
Siamo in Italia. E non c’è differenza che tu sia
senza diploma o abbia quasi due lauree, tre anni di esperienza all’estero, un’ottima
conoscenza della lingua inglese, una gran voglia di lavorare, sia iscritta alle
categorie protette o meno, e due palle che vi potrei schiacciare tutti quanti
tanto sono toste.
No.
Perché l’Italia è quel posto dove ti offrono
lavori in nero a 600€ per 60 ore lavorative a settimana.
È quel posto dove per fare lo spazzino della
raccolta differenziata chiedono il diploma, ma per lavorare all’Agenzia delle
Entrate come impiegato amministrativo (a Cagliari) basta la terza media, e
giuro di aver personalmente letto entrambi gli annunci di lavoro e aver provato
più nausea di quanta ne provi adesso per colpa della chemio.
L’Italia è quel posto dove due giovani, sotto i 30
anni, non riescono a trovare lavoro, anche passando giornate intere a
scandagliare tutti i siti di offerte, le agenzie e gli annunci più idioti.
L’Italia
è quel posto dove i giovani hanno davvero voglia di lavorare, e vengono
contattati da cooperative che li potrebbero assumere part-time, 20 ore a
settimana, per un tirocinio da 300 euro al mese (pagati ogni due mesi).
L’Italia è quel posto così saturo di richieste di
lavoro da essersi completamente imballato in se stesso, in mano ad agenzie del
lavoro che lucrano su poveri disgraziati, il più delle volte prendendoli per i
fondelli.
“E se ti fa tanto schifo l’Italia, tornatene a
Londra”
Non ve lo nego, ci sono state giornate dure, dove
sia io sia il mio ragazzo ci siamo
guardati negli occhi chiedendoci “ma chi ce l’ha fatto fare di tornare?”.
Non lo so.
È tutta colpa mia, ovviamente.
Io
volevo iniziare a costruirmi un futuro qui, nel mio Stato, finire la
specialistica, stare vicino alla mia famiglia, ai miei affetti, alla mia
cultura e allo stile di vita all’italiana che tanto mi mancava a Londra. È forse
sbagliato?
E lui, per amore, mi ha seguita, assecondando le mie scelte. Ora, chi
sta facendo più fatica ad adattarsi a queste scelte, è lui, perché il mercato
del lavoro è un posto con meccanismi assurdi, perché devi avere esperienza per
fare un lavoro manuale (come il magazziniere), perché se vuoi lavorare nell’edilizia
ci sarà sempre qualcuno che farà un lavoro ad un prezzo più basso del tuo, perché
nelle fabbriche non entri se non hai un corso in meccanica, o le conoscenze, perché
serve un diploma anche per un lavoro manuale che potrebbe fare una scimmia, e perché
serve un titolo di studio anche per prendere dei cassonetti e buttarli dentro
un camioncino.
Sapevamo che non sarebbe stato facile, ma così mi
fate proprio incazzare.
E sono incazzata con Dio
O meglio, con chi mi
rifila profezie religiose per risolvere le mie ansie.
Chi mi conosce sa che sono stata una persona tutto
sommato religiosa fino ai miei 20 anni. Quando ho capito che non può esistere
un Dio che fa morire la persona che ami, a soli 26 anni, per un male davvero
stupido. Lì è iniziata la mia lotta contro Dio e contro tutte le ingiustizie
del mondo.
Ho iniziato a capire che non può esistere un Dio
che permette che una tua amica abbia un male brutto e più sembra vicina la guarigione, e più
ne spuntino altre.
Non può esistere un Dio, quando una nipote lascia
il nonno per tornare a Londra a febbraio, dove lui sta tutto sommato bene, e
quando torna a giugno ha a malapena il tempo di vederlo e parlargli un’ultima
volta, ad un corpo dove il suo nonno è imprigionato da una malattia che gli è
venuta all’improvvisto e nel giro di due giorni se l’è portato via.
Non può esistere un Dio che strappa ad una famiglia
un uomo, un padre, giovane, mentre sta guidando la sua macchina con suo figlio
addormentato sul sedile posteriore, che non ha mai avuto la possibilità di
salutarlo per l’ultima volta.
Non può nemmeno esistere un Dio che strappa alla
sua famiglia una mamma che ha sofferto tanto, girando quasi tutta Italia per
cercare una cura ad un male che non si può curare, una mamma che era il
pilastro della famiglia, che ora fa fatica ad essere unita come prima.
Non può esistere un Dio, quando una ragazza andata
all’estero per fare del bene e aiutare le persone più sfortunate, viene operata
d’urgenza, da sola, e scopre di avere un linfoma, da sola, senza nessuno dei
suoi affetti vicino ad abbracciarla in uno dei momenti più terribili della sua
vita.
E potrei andare avanti all’infinito, citando
guerre, bambini malati, e così via.
Io non ci credo più.
Provo una profonda invidia
per Chiara Luce Badano, che ha vissuto serenamente la sua malattia affidandosi
a Dio, perché almeno aveva qualcosa in cui credere, qualcosa che le potesse
dare la convinzione che sarebbe andato
tutto bene.
Io non ho questa convinzione.
Pochi giorni fa ho avuto delle forti fitte all’altezza
della vescica dove, secondo la TAC fatta tre mesi fa, ho le masse più grosse. E questo mi fa
pensare che siano ancora lì, e che la strada potrebbe essere più lunga del
previsto.
Non ho la certezza di affidarmi ad un Dio buono e
caritatevole. Non ho la certezza che, nel caso in cui dovessi morire, andrei in
un fantomatico paradiso dove potrei incontrare i miei nonni, Freddie Mercury e
San Tommaso. Perché io non credo, non ho fede e l’unica cosa che mi da la forza
per superare tutto quello che mi sta succedendo sono io. Io con la mia forza di
volontà, con la mia famiglia che mi riempie d’amore, con il mio ragazzo che ha
una pazienza infinita (e anche quando questa pazienza finisce, riesce a
trovarne altra), ed i miei amici che si preoccupano sempre per me e mi mandano
duecento messaggi quando sanno che ho la terapia.
Nessun Dio.
Quindi, non fatemi incazzare con queste frasi che
dovrebbero essere fatte per farmi stare meglio del tipo:
- È solo Dio che ti mette alla prova
- Le strade del signore son infinite, vedrai che c’è un motivo a quello che ti sta succedendo e lui lo sa
- Quando guarirai, capirai il miracolo della guarigione che ti ha mandato dio
- Quello che ti succede non è colpa di Dio, ma del male, per questo dovresti andare a messa e chiedere a Gesù di combattere il male
E vi giuro che queste sono tutte frasi che mi sono
state rivolte negli ultimi tre mesi. Lasciate stare, davvero. Su questa bella
storiella di Dio ci ho messo una pietra sopra, e qualsiasi cosa diciate, mi
farà solo venire i nervi.
Sono tanto incazzata, e mi avevano avvertito che
sarebbe stato normale. Il fatto di essere impotente di fronte ad un corpo che
non fa quello che vorresti, è davvero disarmante.
Poi, per come sono io, passo giornate buissime, ma
passo anche momenti pieni di grandi sorrisi.
Non è vero che gli ultimi mesi sono stati solo
nausea, tristezza e stress per il lavoro.
Ho avuto sostegno incredibile da tutti quelli che
mi sono vicini e da tutti quelli che seguono il decorso della battaglia contro
linfomerda anche a distanza.
C’è stato chi ha creato una raccolta fondi online
per regalarmi un cucciolo di San Bernardo (grazie Vittorino!)
Chi mi ha
mandato messaggi privati con offerte di lavoro per il Napoli (non posso fare
nomi, ma grazie!), chi è venuto a trovarmi e far bagordi nella casa nuova
portando cibo, dolcini, pensierini o semplicemente un sorriso, chi si è offerto
di dare in prima persona un lavoro al mio ragazzo per aggiustare la propria
casa, chi mi manda messaggi di forza in qualsiasi momento della giornata, chi
si è subìto l’eterna attesa della sala d’aspetto quando ho le visite dall’ematologa
(mia mamma ormai ha l’abbonamento, ma grazie a Elena e mio fratello, che
stavano esaurendo!), chi non fa nemmeno una piega se in preda ad un momento di
profonda tristezza, torno a casa con una gabbia, del mangime e un cricetino
schizzato
E c’è chi legge sempre i miei post e li commenta
con affetto.
GRAZIE, davvero.
E poi cerco di prendere i lati positivi di questa
invalidità al 100%, come il fatto di poter entrare gratis nei musei o l’abbonamento gratis alla GTT
(maledetti, vi odio e
prenderò i vostri mezzi, sempre in ritardo, AGGRAAAATIS AH!)
Senza dimenticare la cosa più importante. I miei dolorini, i cambiamenti d'umore, la nausea, il vomito, lo stomaco a pezzi, l'intestino tagliuzzato, sono NIENTE in confronto a quanto stanno passando altre persone, magari con un linfomerda, o una metastasimerda, o un qualsiasi cancromerda. Io ho la fortuna IMMENSA di stare a casa mia, lontana da quel letto d'ospedale di cui ho tanto paura. Non ho mai avuto la febbre, che è uno degli effetti collaterali più frequenti. Non ho avuto la polmonite, fin'ora almeno, altro gettonatissimo premio in palio per chi fa l'R-CHOP. Non sono più corsa in Pronto Soccorso, perchè la Codeina è una cosa bellissima e fa passare tutti i dolori.
Diciamocelo forte e chiaro: tutto sommato, sto bene.
E in ultimo cerco di godermi ogni secondo con la
persona che amo, anche se l’ansia per il lavoro è tanta, i momenti di sconforto
per la nostra situazione economica a volte sembrano insormontabili ma cerchiamo
la forza di sostenerci l’un l’altra (anche se spesso è la malata che si deve
ingegnare per far sorridere l’uomo!),e almeno siamo insieme. Dopo tutte quelle
che abbiamo passato, inclusi due mesi lontani quest’estate, adesso ho la (s)fortuna
di avere sempre tra i piedi un insopportabile terrone permaloso, tutto il
giorno.
Nella sfortuna, comunque la vediate, io provo
davvero a mettermi gli occhiali arcobaleno, da brava Pandi-Corn quale sono, e
vedere il mondo come lo farebbe un Panda Unicorno. Cioè mangio, che nel dubbio
non sbaglio mai, e cerco di scovare gli arcobaleni.
Perché, vuoi o non vuoi,
dopo i temporali più brutti, spunta sempre qualche cazzo di arcobaleno no?
#nonsimollauncazzo
È la prima volta che leggo un tuo post e voglio solo dirti che QUANDO guarirai, potrai tornare a viaggiare e andare nelle spiagge più belle del mondo! Vorrei avere delle parole di conforto migliori di queste ma sono una frana xD
RispondiEliminaFino a poco tempo fa anche a me, lo ammetto, non andava a genio l'idea di donare il sangue. Ma come m'insegni tu la vita ci mette di fronte a determinate situazioni che ci squotono dall'interno, ci demoliscono per poi ricostruirci più solidi (si spera) di prima. E quindi niente, adesso inizierò a donare sangue. Sono molto felice di questo e spero di aiutare davvero qualcuno!
Questo tuo intervento mi ha ispirato un po' di più a fare sempre meglio e per questo ti ringrazio.
Te lo sarai sentito dire davvero fino alla nausea però sii forte e non lasciarti abbattere!
Ti abbraccio forte!
Beppo <3
Mi commuovi sempre mia pandacorn!����
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